Cosa c’è di nuovo da dire e da scrivere sull’olio? Tantissimo, direi. Non foss’altro perché il mondo dell’olio è così saldamente ancorato alla tradizione da dimenticarsi del presente e del futuro. Si replica sempre il già detto e il già scritto. Non c’è una vera apertura al nuovo, anzi si ha così grande paura e timore nell’affrontare le novità da cancellarle del tutto dalla mente. Basta osservare i siti internet aziendali: c’è sempre, citata, la tradizione, come se fosse un dogma. Un errore terribile, quello di replicare il passato, di proseguire sulla via già battuta dalla tradizione senza mai tentare di individuare nuove vie, altre alternative possibili. Che poi assumere un atteggiamento diverso non significa certo rinnegare o cancellare il passato, ma semplicemente reinventarlo o addirittura scardinarlo per ricavare un nuovo corso. In fondo è ciò che avviene nel corso della storia: c’è sempre un momento in cui ci si stacca dal passato per introdursi in una nuova era.
Anni fa sul palco di Olio Officina Festival ho parlato di una nouvelle vague nel mondo dell’olio, ma ero troppo avanti, perché non esiste ancora lo spirito giusto per cambiare rotta. C’è sempre questa pesantezza della tradizione che inchioda tutto il settore oleario rendendolo immobile e perfino stantio, ma è bene sapere che il passato per renderlo contemporaneo deve essere rivoluzionato, o addirittura stravolto, il che non significa ripudiare la lezione degli antenati, ma portarla avanti, migliorarla, perfezionarla, senza mai rinunciare a creare qualcosa di nuovo che non soltanto risponda a nuove esigenze ma che perfino le anticipi, precorrendo il futuro, assumendosi il rischio dei pionieri. Sarebbe questa la mia visione dell’olio che vorrei trasferire a chi se ne occupa a vario titolo. Lo so che è molto complicato smuovere le persone, ma poi presto o tardi ci arrivano tutti.
Pensate alla mia idea di assegnare un nome specifico all’esperto di oli, quando ho coniato oleologo negli ormai lontani anni Novanta. Grazie allo storico della filosofia Tullio Gregory quella parola – oleologo – ora è divenuta patrimonio comune, dopo essere stata introdotta presso la Treccani e presso l’Istituto linguistico europeo. Per me è stato il coronamento di un mio impegno, ma allora il mondo dell’olio non ne capiva il senso, troppo occupato a evocare a ogni pie’ sospinto la tradizione. Ma il futuro non può certo essere confinato nel passato. Infatti non è un caso che a distanza di oltre tre decenni, una nota organizzazione di olivicoltori, l’Unaprol, ne abbia finalmente compreso il senso, seppure tardivamente, al punto che per non ammettere il gran ritardo abbiano infine optato per una voce diversa, evologo – come se un esperto d’olio debba solo conoscere e sapere di extra vergini e non dei restanti oli, ma sappiamo che tale voce rilanciata con grande enfasi è solo un modo per non ammettere di essere in ritardo sul presente come sul futuro. Insomma, alla fine tutti ci arrivano, ma è bene sintonizzarsi in tempo con il futuro, anticipandolo, non inseguendolo.
Ci sarà mai quella mia tanto agognata e attesa nouvelle vague del mondo dell’olio? Chissà, lo scopriremo solo vivendo, direbbe il tanto amato Lucio Battisti. Per ora accontentiamoci del presente, augurandoci di viverlo tuttavia con uno spirito diverso dal recente passato.
Questo editoriale è possibile leggerlo anche sul numero 32 del mensile Oliocentrico, rivista edita da Olio Officina