C’è una start up a Portofino che offre servizi di ingegneria subacquea. Partner dell’iniziativa alcune Aree Marine Protette (Ministero dell’Ambiente) e il Dagri, il Dipartimento di Agricoltura dell’Università di Firenze.
Non tutti i vini possono fregiarsi della qualifica di Under Water Wines (UWW), ma solo quelli che superano tutti i rigorosi test previsti a tale scopo. La cantina subacquea di Ricerca & Sviluppo si trova all’interno del parco e dell’area marina protetta di Portofino, nella Cala degli Inglesi. Si tratta di un procedimento complesso, che comprende diverse fasi.
Si parte infatti da diversi test, con parametri da superare, anche perché l’affinamento subacqueo non si addice a tutti i vini, i quali sono soggetti a molte variabili: vitigni, terreni, microclima, tecniche agronomiche, conduzione enologica, andamento dell’annata, recipienti utilizzati per la vinificazione, sistemi di tappatura, tipologia di bottiglia, e molto altro.
Ogni vino, inoltre, richiede una propria metodologia. Ad esempio, prima dell’immersione, il tappo della bottiglia deve essere rivestito con una particolare miscela, per proteggerlo, garantire l’integrità del contenitore, assicurare la perfetta tenuta alle pressioni di fondale e favorire una corretta evoluzione del prodotto.
La composizione della capsula protettiva, però, è di volta in volta differente, anche perché dipende da una serie di fattori che devono essere analizzati e interpretati, come la profondità, la pressione, la temperatura dei fondali, la variabile temporale, la bottiglia stessa.
Per questo motivo alcuni campioni sono sottoposti a ulteriori test in camera iperbarica, per valutare la formula della miscela da incapsulatura e la resistenza del recipiente rispetto alla forza erogata dalla pressione dell’acqua.
Se tutto va a buon fine, le bottiglie vengono immerse.
La fase di immersione richiede una tecnologia sofisticata e l’utilizzo di mezzi specifici, anche di notevoli dimensioni: rimorchiatori, chiatte di oltre 40 metri, gru che superano i 35 metri di altezza, robot da fondale, subacquei specializzati con imbarcazioni da lavoro, sensori di fondale.
Questi mezzi permettono di posizionare i “cestoni” (rack) con le bottiglie a una profondità compresa tra i 35 e i 60 metri in totale sicurezza.
I rack sono dotati di appositi sensori che consentono di tracciare tutto il percorso subacqueo e di monitorarlo costantemente. Anche alle bottiglie sono applicati dei microprocessori, per seguire l’intero processo evolutivo singolarmente.
Una volta riportate in superficie, le bottiglie sono poste in stabilizzazione, a temperatura e umidità costante, insieme ai campioni dello stesso lotto lasciati sulla terraferma.
Il riposo fa sì che il vino si riprenda dallo shock dell’emersione.
A questo punto, i vini sono analizzati alla cieca, in comparazione campione subacqueo-campione terrestre, senza mai sapere che tipo di vino sia e quale sia il campione terrestre o subacqueo.
Il panel non vede le bottiglie, ma trova solo i calici riempiti, e non sa in quale ordine siano stati serviti.
Il completo anonimato dei campioni permette di esprimere senza condizionamenti di sorta le proprie impressioni.
A valutare le differenze tra i vini sono sommelier professionisti, enologi, enotecari, chef, ristoratori, winelover, consumatori comuni.
Il capo panel è Antonello Maietta; e anche questo passaggio è fondamentale: se un vino dovesse apparire meno performante dopo l’affinamento subacqueo, viene scartato e non può diventare un UWW.
In sostanza, non basta mettere in mare una bottiglia e fargli aderire due conchigliette.
Un vino UWW è ben altro.
Le referenze UWW comprendono spumanti Metodo Charmat, spumanti Metodo Classico, vini bianchi, vini rosati, vini rossi, vini passiti/dolci, distillati, vermouth, amari e liquori.
Sabato 4 marzo pomeriggio, in sala Leonardo, presso il Palazzo delle Stelline di Milano, nel corso della dodicesima edizione di Olio Officina Festival, ne parleranno Antonello Maietta, sommelier past president di Ais, e Emanuele Kottakhs, chief executive officer di Jamin Portofino.
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