Nemmeno il tempo di uscire da una devastante pandemia, che una guerra fratricida di cui purtroppo ancora non si scorge l’epilogo, insanguina l’Europa sconvolgendo gli equilibri geopolitici mondiali.
Poco prima dell’invasione, che i russi eufemisticamente definiscono “operazione militare”, avevo una mezza idea di tornare a Kiev, in questa città elegante e civile, visitata all’indomani del crollo del muro dell’’89. Si inaugurava un ristorante italiano – uno fra i tanti che celebrano l’amore di questo popolo per la cucina, l’olio, il vino, in genere prodotti alimentari e tutto quanto possa in qualche modo ricondursi al nostro tricolore. Amore condiviso anche dai fratelli russi, come dimostra l’impressionante numero dei nostri marchi di lusso che hanno abbandonato la Russia sospinti dai venti di guerra.
Poi è andata come sappiamo e resta in bocca l’amaro e ancora una sensazione di incredulità, poiché mai avremmo pensato potesse concretizzarsi una cosa tanto illogica e insensata come il conflitto in corso.
Intanto la vita continua e Verona riparte con la sua grande fiera del vino, con il Vinitaly che ha dovuto forzatamente cedere il passo al COVID 19 e adesso si riprende i suoi spazi, la sua centralità nel mondo del vino.
Privi della Russia, che personalmente non cesso di amare a causa di errori e orrori del suo attuale governo; senza, quindi, una componente importantissima del mercato globale del vino (e dell’olio). Con la prospettiva di una nuova, lunga stagione da guerra fredda e dell’isolamento di un grande Paese le cui radici culturali sono, anche, profondamente europee.
Pur sconvolti dalle atrocità dell’attuale temperie, non possiamo certo esimerci da una valutazione complessiva di prospettive e speranze per i produttori italiani che, nonostante tutto, si presentano a questa nuova edizione della fiera di Verona con tanta voglia di ricominciare.
In sintesi: mentre è già tornata l’America e il Giappone – sia pure a piccoli passi – mai se n’è andato, il colosso cinese, ora più che mai ago della bilancia di nuovi equilibri internazionali e vittorioso impero mirante all’egemonia mondiale, si presenta come la prospettiva e la speranza di una svolta per vignaioli e olivicoltori del Bel Paese. La Cina – la stessa superpotenza, la cui opera di mediazione potrebbe favorire la pace – ha enormi capacità economiche e, diversamente dalla Russia, appare perfettamente integrata nel sistema del commercio internazionale europeo e statunitense. Sono già numerose le aziende che esportano in questo enorme Paese e c’è da augurarsi che il fenomeno diventi sempre meno sporadico e sia sempre più regolato da meccanismi di tutela e caratterizzato da una semplificazione burocratica, specie per le piccole cantine italiane di qualità.
Ma la fiera non è solo vendita all’Estero. Sia pure funestata dagli attuali eventi che insanguinano l’Europa, non può dimenticarsi che essa costituisce un’occasione di ritorno alla quasi normalità.
Dopo due anni di pandemia, archiviati, si spera per sempre, i decreti emergenziali, con la prudenza dettata dalla ragionevolezza, ma anche con la voglia di lavorare e tornare a vivere, ci incontriamo di nuovo alla fiera di Verona. Tutti adulti e vaccinati, dotati di mascherine, disposti a mantenere le distanze, a non stringere mani e sbaciucchiarci ma, finalmente in presenza, con la possibilità di concludere un onesto affare guardandoci negli occhi!
È bellissimo. Ricordo che Vinitaly cade sempre vicino alla festività cristiana della Santa Pasqua. Esprimiamo quindi l’auspicio, valido anche per i non credenti, che con Essa arrivino la Pace e la ricostruzione nelle parti del mondo in cui sono urgenti e necessarie!
In apertura, foto di Olio Officina