Se ne era scritto con grande evidenza (Scivolone Igp Calabria), con tutta la scia polemica che ne è derivata. Oggi si è giunti a una revisione del tanto contestato articolo 5 del Disciplinare di produzione dell’olio Igp Calabria.
Riportiamo quanto elaborato da Enzo Perri, direttore incaricato del Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia (Cra Oli).
MODIFICA ART.5 DEL DISCIPLINARE IGP “OLIO DI CALABRIA”
Nella pubblica audizione relativa all’IGP “Olio di Calabria”, svoltasi lo scorso 9 luglio 2014 presso la sede del CRA-OLI di Rende (CS), alla presenza degli organi ministeriali e regionali, oltre che del comitato promotore, sono emerse molte richieste di integrazioni, emendamenti e modifiche del disciplinare presentato. Tali richieste trovano valide motivazione in ragione della notevole disomogeneità dell’olivicoltura calabrese, che si avvale di scenari olivicoli notevolmente diversi tra loro per condizioni pedoclimatiche e, soprattutto, per la ricchezza varietale autoctona esistente. In questo quadro appare difficile conciliare le esigenze dei produttori dei diversi areali di produzione, alcuni dei quali molto importanti per estensione olivicola e consistenza produttiva, che legittimamente aspirano ad accedere alla denominazione IGP, nel rispetto dei principi ispiratori della indicazione geografica e nel rispetto dei limiti peculiari di “unicità” previsti nello stesso disciplinare. Tuttavia, proprio in virtù del notevole germoplasma olivicolo calabrese, sarebbe possibile ipotizzare modifiche del disciplinare, segnatamente all’art.5 (il più contestato e discusso nella pubblica audizione), pur rispettando le caratteristiche al consumo, sia relativamente ai parametri fisico-chimici che sensoriali, di cui all’art.2 dello stesso disciplinare, che nel loro insieme determinano la tipicità della produzione. Infatti, la cultivar Carolea, la più importante e diffusa della Calabria, indicata come prevalente nella composizione dell’ “Olio di Calabria” nella misura minima del 70%, in realtà non è diffusa sul tutto il territorio regionale e ciò penalizzerebbe i produttori, importanti di alcune estese aree olivicole regionali (Piana di Gioia Tauro, Piana di Sibari, basso Jonio reggino, colline albanesi cosentine ed altre) dove sono maggiormente presenti altri genotipi comunque autoctoni (Ottobratica, Dolce di Rossano, Cassanese, Roggianella ed altri).
Alla luce di questa situazione, su sollecitazioni informali dei Funzionari Regionali, dei produttori, delle Associazioni professionali e del comitato promotore, i ricercatori del CRA-OLI di Rende hanno svolto un’indagine bibliografica onde verificare, in relazione ai risultati ottenuti nelle ricerche effettuate negli anni in Calabria sulle varietà più diffuse, la possibilità di diminuire la percentuale di Carolea nella composizione della produzione compresa nel marchio IGP senza comprometterne la peculiarità e perciò nel pieno rispetto del parametri imposti nell’art. 2 del disciplinare.
Dall’esame effettuato risulta ipotizzabile una riduzione della presenza di Carolea fino al 40 % (invece del 70). Ciò sarebbe possibile in base ad un equilibrato mix delle percentuali di altre cultivar con caratteristiche favorevoli al raggiungimento degli standard chimici e sensoriali previsti. Infatti, atteso che i criteri merceologici della qualità dipendono maggiormente dalle corrette pratiche colturali e di trasformazione, si ritiene che i parametri più difficilmente raggiungibili siano quelli legati alle caratteristiche genetiche delle cultivar e cioè alcune chimiche (fenoli totali) ed altre sensoriali (sapore “amaro e piccante”). Ma, considerando i risultati delle ricerche caratterizzanti i parametri degli oli monovarietali calabresi, è possibile ipotizzare il mantenimento dei citati standard anche con miscelazioni di genotipi diversi per percentuali. Ad esempio, miscelazioni di Carolea (pur al 40%) con Roggianella (sinonimo Tondina) non altererebbe sensibilmente il contenuto medio dei fenoli totali, e, analogamente, miscelazioni di Carolea con Ottobratica e Cassanese non modificherebbero in modo significativo i parametri sensoriali dell’olio corrispondente (Lombardo N., Perri E., Muzzalupo I., Madeo A., Godino G., Pellegrino M., Il germoplasma olivicolo calabrese, 2003; Inglese P., Perri E., Gullo G., L’ulivo e l’olio, 2009; Muzzalupo I., Il germoplasma olivicolo italiano, 2014).
Naturalmente più complicato sarebbe l’ottenimento degli standard miscelando più basse percentuali di Carolea con altre varietà (Dolce di Rossano, Grossa di Gerace, Sinopolese e altre minori), ma anche laddove quest’ultime cultivar prevalessero poi sarebbe cura del produttori approvvigionarsi di maggiori quantità di prodotto Carolea e/o ricorrere ad idonee e funzionali strategie nelle pratiche colturali, come ad esempio anticipare l’epoca di raccolta o limitare i volumi di irrigazione al fine di incrementare la quantità dei fenoli.
Per tutti i motivi addotti in questa breve nota, si esprime parere favorevole alla diminuzione della percentuale di Carolea prevista nell’art. 5 del disciplinare IGP “Olio di Calabria”.
Enzo Perri
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La foto di apertura è di Luigi Caricato