L’olio dolce è un’espressione tecnicamente non valida, ma rende bene l’idea. Un tempo gli oli avevano prevalentemente un carattere di dolcezza, una sensazione morbida al palato, l’amaro e il piccante poco evidenti, in molti casi assente. Piaceva il gusto a volte perfino dolciastro, tipico degli cattivi, cosiddetti oli lampanti perché si utilizzavano per l’illuminazione, in altre epoche. Poi pian piano arrivarono gli oli dal fruttato netto, amari e piccanti.
I patiti dell’olio eccellente lo preferiscono solo amaro e piccante, muscolare, possente. Il consumatore, tuttavia, continua a preferirlo dolce, dal gusto poco accentuato. Che fare? Condannare gli amanti dell’olio da olive mature? Io prediligo gli oli dalla personalità netta, perfino dalla sensazione astringente, purché siano eleganti e fini, armonici. Credo in ogni caso nella libertà delle preferenze.
Perché impedire a chi ama un gusto meno accentuato, poco o per nulla amaro e piccante, di soddisfare il proprio piacere? Ci vuole tolleranza. Io non sarei così drastico, il consumatore va accontentato, cercando tuttavia di portarlo ad apprezzare le note positive amare e piccanti, purché queste siano armoniche e ben dosate, evidentemente. Per chi predilige l’olio dolce, non si tratta certo di un affronto alla qualità. Sui gusti personali non di discute.