Non ho nessuna preclusione verso le sostanze grasse diverse dagli oli di oliva. Certo, all’apice dei miei pensieri c’è sempre l’olio extra vergine di oliva, senza tentennamento alcuno; ma non escludo il ricorso ad altri grassi, a crudo come in cottura. Non sono un integralista, tanto per intenderci. Sono addirittura ecumenico, e rispetto di conseguenza i gusti di chiunque, salvo storcere il naso solo verso quei grassi altamente sconsigliabili perché nocivi alla salute. Così, tornando alla posizione espressa dal noto e stimato nutrizionista Carlo Cannella, a proposito della pasticceria all’acqua e olio quale alternativa al burro proposta dai fratelli Alajmo, riporto una argomentata nota dello stesso Cannella a difesa del burro. Nota che sottoscrivo in toto, sia ben chiaro, perché il burro, in fondo, oltre che buono e piacevole al gusto, nelle giuste quantità non fa assolutamente male. Con moderazione, ci si guadagna in bontà e salute.
Il Burro secondo Carlo Cannella
Il burro è il più antico alimento derivato dal latte prodotto dall’uomo, si ottiene mediante un prolungato sbattimento della crema con separazione di una massa grassa solida e del latticello. E’ senza dubbio il grasso alimentare più gradevole sia per l’aroma caratteristico che per il sapore delicato; se si mette in bocca un ricciolo di burro ci si accorge che si scioglie rapidamente grazie al basso punto di fusione (28-33°C).
La composizione del burro varia in funzione di diversi fattori: razza della bovina, ambiente, alimentazione e in media risulta la seguente: 84% grasso, 14% acqua, 1% lattosio, 0,8% proteine e 0,1% minerali. Secondo la legge 142/92 il burro deve avere un contenuto in grasso non inferiore all’80%, può essere addizionato di sale (cloruro di sodio), di coloranti (naturali: annatto, carotenoidi, zafferano) e di conservanti (antimicrobici e antiossidanti) con l’obbligo di dichiarare queste aggiunte in etichetta.
Il grasso del burro è costituito da una miscela di trigliceridi, di fosfolipidi, con piccole quantità di sostanze non saponificabili (colesterolo) e vitamine liposolubili (A, D ed E). L’aroma è dato da tracce di sostanze diverse (acidi grassi liberi, esteri, etc.) e tra queste la più importante è il diacetile. L’acidità del prodotto fresco non deve superare lo 0,5%.
Il burro è un alimento altamente energetico: 760 kcal/100 g, inferiore agli altri grassi da condimento da questo punto di vista ma superiore come digeribilità, ricchezza in vitamine, gusto e aroma.
Il burro, al pari dell’olio extra vergine di oliva, è un grasso da condimento ottenuto esclusivamente mediante semplici operazioni meccaniche non sottoposto cioè a trattamenti di rettifica e di idrogenazione.
Da alcuni decenni il burro viene presentato come un grasso alimentare il cui consumo è da evitare perché è di origine animale e perciò fonte di grassi saturi e di colesterolo ed è a tutti nota la correlazione tra tasso ematico di trigliceridi e di colesterolo e malattie cardiovascolari. Contemporaneamente hanno fatto ingresso nel mercato altri grassi da condimento di origine vegetale: le margarine, ineccepibili sotto l’aspetto nutrizionale ma certamente meno pregiate del burro. Gli ingredienti per la loro preparazione sono gli oli di semi (arachidi, mais, palma, cocco, etc), scarsamente diffusi come tali nella nostra alimentazione, che vengono idrogenati per diventare solidi a temperatura ambiente, per migliorare il colore del grasso viene aggiunto il carotene e per l’odore un poco di diacetile! Quindi l’aspetto di questi due prodotti è molto simile ma le caratteristiche nutrizionali sono, come vedremo, differenti; in quanto al sapore … lasciamo che sia il palato del lettore a giudicare!
Il burro è un particolare grasso animale derivato dal latte e non dal tessuto adiposo e perciò, anche se il suo tenore in acidi grassi saturi è più elevato, è sempre inferiore al 50% e di questi una buona parte sono a catena corta. Questi acidi grassi a catena corta sono facilmente solubili e perciò direttamente utilizzabili dal tessuto muscolare e dal cervello al di fuori del circuito delle lipoproteine. Le altre margarine vegetali hanno sì un contenuto di acidi grassi saturi inferiore ma mancano quelli a catena corta e quindi vengono digeriti e metabolizzati con maggiore difficoltà. Bisogna ricordare che gli acidi grassi a catena corta sono un’esclusiva del burro e non sono presenti neppure nel miglior olio extra vergine di oliva!
Una delle controindicazioni del burro è basata sulla presenza di colesterolo (250 mg/100 g) ma chi ne mangia 100 grammi per arrivare poi quasi ad introdurne la stessa quantità presente in un rosso d’uovo! Per il burro le quantità da consigliare sono ben più modeste: 10-20 g/die, tali da far rientrare l’apporto di colesterolo da burro in un ordine di grandezza comune a tutti gli alimenti di origine animale.
E’ vero che le margarine vegetali non contengono colesterolo ma è inferiore anche il loro contenuto in vitamine liposolubili specie per la vitamina D che è tanto importante per l’assorbimento del calcio quanto esclusiva per taluni alimenti: latte e derivati, uovo e fegato di pesce.
Nel burro c’è anche un altro nutriente quasi esclusivo, che troviamo solo nei grassi di animali ruminanti, si tratta di un acido grasso insaturo: il CLA (conjugated linoleic acid) ovvero l’acido linoleico coniugato che si forma per azione della flora batterica ruminale sull’acido linoleico. Nel burro questo particolare acido grasso è presente in quantità di circa 4 mg/g e se aggiunto come tale alla dieta di animali da laboratorio, ha dimostrato di esercitare un’azione antitumorale (specie sul carcinoma della mammella) e di stimolo sul tessuto muscolare in animali giovani durante l’accrescimento.
Ora perciò è agevole comprendere che la migliore digeribilità e assorbibilità del burro dipende dalla particolare composizione in acidi grassi (non tutti saturi e di questi una buona parte a catena corta), dalle dimensioni dei globuli di grasso che essendo microscopici offrono una maggiore superficie d’attacco alla lipasi e dal suo basso punto di fusione. Quest’ultimo parametro: il punto di fusione è inferiore alla temperatura del corpo umano e noi ce ne accorgiamo quando il burro si scioglie in bocca; questa osservazione è la migliore dimostrazione per convincerci che di grassi saturi a catena lunga nel burro ce ne sono tanti quanti bastano per bilanciare quelli insaturi e ottenere così la giusta consistenza a questo alimento che si chiama burro proprio per la presenza di acido butirrico: acido grasso a catena corta!
Pertanto un pezzetto da 10 g di burro spalmato sul pane, con l’aggiunta di un pizzico di di sale o di un cucchiaino di zucchero o di un’alicetta, è una tentazione alla quale possiamo cedere perché non solo è una delizia per il palato ma è anche nutriente e protettivo per il nostro organismo.
Lo chef sa che il burro può essere “chiarificato” cioè privato mediante fusione delle parti acquose derivate dal latte ancora presenti ed evitare così che si scurisca durante il riscaldamento conferendo un brutto aspetto alla frittura. E allora? L’uovo al tegamino prepariamolo facendo fondere un ricciolo di burro!
E poi c’è anche il “burro composto” che si adopera per preparare le tartine da servire per antipasto: burro pestato al mortaio con erbe aromatiche, acciughe, tartufi, salmone, etc.
Il burro merita perciò di essere riabilitato in quanto alimento della nostra tradizione mediterranea, ricco di sapore e di potere nutritivo ma bisogna tenere a mente che, alla pari di tutti gli altri grassi da condimento animali o vegetali che siano, pur essendo gradito al palato va utilizzato con parsimonia soprattutto da chi ha abitudini di vita sedentarie.
Carlo Cannella
(Tale nota, fornitaci dal professor Carlo Cannella, è stata pubblicata sul numero 4, luglio-agosto 2003, di “Catering”, a pagina 7. Si ringrazia il professor Cannella per questo prezioso contributo fornitoci)